Sarà Massimiliano Rosolino, a partire da quest’anno, il testimonial di ASM e della Fondazione ASM per la salute dell’infanzia. Nato a Napoli nel 1978, Rosolino è stato campione olimpico a Sydney nel 2000 e mondiale a Fukuoka nel 2001 nei 200 metri misti di nuoto. Tra il 1995 e il 2008 è stato quattordici volte campione europeo e ha vinto 60 medaglie in competizioni internazionali. Ecco la sua prima intervista nel suo nuovo ruolo a fianco della nostra Associazione.
Massimiliano Rosolino, perché ha accettato con slancio di aderire ad ASM come testimonial?
Ho pensato immediatamente ai bambini e a quello che patiscono le loro famiglie. Mi commuovono le storie di persone destinate a convivere con la sofferenza. Ogni piccolo contributo a questa causa può essere importante. Sono esperienze difficili, dolorose. Come personaggio pubblico, e come papà di due figlie, mi sono messo subito a disposizione. Credo che ogni atleta dovrebbe farlo. E’ un dovere morale. Siamo dei fortunati. E’ una specie di debito con la società mettersi al fianco di chi non ha avuto la nostra fortuna: nascere in salute e vincenti.
Cosa può dare un campione dello sport al mondo del volontariato?
Grazie alle vittorie che abbiamo ottenuto e che ci hanno portati a essere molto conosciuti dall’opinione pubblica, possiamo costituire un valore aggiunto. E lo dico senza presunzione. Possiamo essere un esempio per gli altri. Un atleta trova sempre una soluzione per migliorarsi. Il messaggio che vorrei dare alle famiglie è di non demordere, non mollare e di non smettere mai di contare sulle proprie risorse anche nei momenti più neri.
Che esperienza ha con la malattia?
Mi è capitato più volte di conoscere realtà dolorose. Sono andato nei reparti oncologici per incontrare bambini che poche settimane dopo non c’erano più. Ho cercato di tranquillizzarli col sorriso.
Ricorda una storia in particolare?
Non dimenticherò mai Giulio, un bambino che espresse il desiderio di conoscere un campione. Attraverso un’Associazione di familiari ho accettato il suo invito. Era malato di tumore. Sono andato a casa sua, siamo stati insieme un paio d’ore. Un giorno mi hanno telefonato per dirmi che Giulio non c’era più. Per molte settimane non ho fatto che pensare a lui e alla sofferenza dei genitori. Ho capito quanta forza c’è nelle famiglie che devono sopportare queste perdite immense.
E poi?
Ho conosciuto bambini ipovedenti del settore paralimpico. Ho visto la loro felicità quando diventano protagonisti. Farli felici ti riempie di gioia. E’ un arricchimento dell’anima. Per non parlare dell’abnegazione di mamme che vivono per mesi in ospedale accanto ai loro figli. E’ un mondo fatto di storie speciali.
Nella sua famiglia è mai entrata la malattia?
Mio papà ha l’Alzheimer. Lo seguo con l’apprensione di chi è consapevole che purtroppo c’è poco da fare, se non stargli accanto in tutti i momenti che posso.
Margherita De Bac